Nulle le fideiussioni redatte su schema ABI – la Giurisprudenza di merito conferma l’orientamento
Come noto, a seguire un filone aperto dalla Corte di Cassazione Civile, sez. I, con Ordinanza in data 12 dicembre 2017, n. 29810, sono intervenute numerose pronunce conformi in diversi Tribunali di merito italiani, creando un orientamento oramai sempre più consolidato che mira a ritenere nulle tout court le fideiussioni prestate in favore delle banche se redatte sul famoso schema predisposto dall’ABI.
Ultima in ordine cronologico – a conferma della solidità di tale interpretazione giurisprudenziale – si pone la sentenza del Tribunale di Pesaro, che con decisione n. 275 del 21 marzo 2019, si è pronunciato ribadendo il citato orientamento in parola, che si sta rinsaldando nei diversi tribunali di merito, relativamente alle contestazioni sui moduli fideiussori, sottoposti alla firma della clientela, redatti in modo conforme allo schema ABI, censurato dalla Banca d’Italia con provvedimento n. 55 del 2.5.2005 su parere del 20.04.2005, perché contenente clausole di “reviviscenza di deroga all’art. 1957 c.c. e di “sopravvivenza”, lesive della concorrenza dell’Antitrust.
Con tale pronuncia, infatti, il Tribunale di Pesaro ha statuito la nullità assoluta del contratto fideiussorio di cui si tratta, in quanto composto di clausole ritenute nulle per violazione della normativa imperativa antitrust prevista all’art. 2, Legge n. 287/1990, la quale (secondo il medesimo Tribunale) non si limita a censurare il negozio giuridico originario postosi all’origine della successiva sequenza comportamentale, ma si estende a tutta la più complessiva situazione (anche successiva al negozio originario) che realizzi un ostacolo alla concorrenza (sul punto vedi Cass. Civ. n. 29810/2017).
Ciò in aderenza al principio per cui “ la legge antitrust 10 ottobre 1990 n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall’altro, che il cosiddetto contratto a valle costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. Pertanto, siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall’ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ., il consumatore finale, che subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per l’effetto di una collusione a monte, ha a propria disposizione ancorhè non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della collusione, l’azione di accertamento della nullità dell’intesa e di risarcimento del danno di cui all’art. 33 della legge n. 287 del 1990” (Cass. Civ. sez. unite n. 2007/2005).
Quale conseguenza della declaratoria di nullità stabilita dal citato Tribunale, il Giudice ha precisato che la nullità del contratto riguarda la fideiussione nella sua interezza (e non, come avrebbe sostenuto la banca convenuta, una sola nullità parziale). a sostegno di tale posizione, infatti, il Tribunale di Pesaro ha rilevato che poiché, a norma di legge, qualsiasi forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque modo posta in essere, costituisce comportamento rilevante per l’accertamento della violazione dell’art. 2 della normativa Antitrust, è inevitabile che l’intero contratto, a valle di quella distorsione, sia assoggettato a nullità. E ciò sull’ulteriore rilievo che la citata decisione della Suprema Corte (Cass. Civ. n. 29810/2017) afferma esclusivamente la “nullità del contratto”, non delle singole clausole.
Alla declaratoria di nullità della fideiussione precedentemente rilasciate dagli attori-opponenti in favore della banca convenuta-opposta, è derivato l’accoglimento dell’opposizione, la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la cancellazione delle ipoteche e della segnalazione nella Centrale Rischi.
Si noti, in ultimo, che con la medesima sentenza, il Tribunale di Pesaro ha altresì riconosciuto l’ammissibilità della domanda di nullità anche se proposta in corso di causa (benché entro il termine fissato ai sensi dell’art. 183 c.p.c.), avuto riguardo alla rivelabilità d’ufficio della nullità negoziale, così come anche in appello o in cassazione (nel caso di specie, infatti, si trattava di un’opposizione a decreto ingiuntivo proposta anche da fideiussore, che aveva sollevato l’eccezione di nullità solo alla prima udienza di trattazione).